Nella fase emergenziale correlata alla diffusione inaspettata nel Nostro Paese del nuovo Coronavirus, le figure particolarmente esposte al contagio da Covid-19 sono gli operatori sanitari di strutture pubbliche e private, commessi dei supermercati, autotrasportatori, dipendenti che lavorano agli sportelli degli uffici postali, etc., ossia un nucleo essenziale di lavoratori che contribuiscono da un lato a tutelare ed assistere la Comunità e dall’altro a non fermare il Paese.
Con il D.L. cd. “Cura Italia” si è inteso rafforzare la tutela assicurativa degli operatori contagiati da Covid-19, facendo rientrare detto contagio nella categoria degli infortuni sul lavoro.
Interessante è il disposto dell’articolo 42, comma 2 del Decreto “Cura Italia”, secondo il quale qualora il dipendente (sia privato che pubblico) contragga il virus COVID–19 sul luogo di lavoro, verrà garantita la tutela assicurativa INAIL di norma spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro durante lo svolgimento delle attività lavorative.
Infatti l’art. 42, co. 2, D.L. n. 18/20, rubricato “Disposizioni INAIL” precisa che “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.
La disposizione in esame sembra, dunque, equiparare i casi di infezione da COVID-19 nell’ambito dei luoghi di lavoro ad ogni altro evento infortunistico ai fini dell’erogazione delle prestazioni INAIL; pertanto, anche per il contagio da COVID-19 sui luoghi di lavoro si applica il principio generale di equiparazione delle malattie infettive agli infortuni sul lavoro.
L’INAIL con la recentissima Nota del 17 marzo 2020, prot. 3675 (adottata contestualmente alla pubblicazione in G.U. del D.L. cd. “Cura Italia”), ha chiarito che il contagio a carico di medici, infermieri e operatori sanitari è pienamente riconducibile alla categoria degli infortuni sul lavoro: l’Istituto ha deciso, dunque, di offrire una giusta tutela assicurativa a tutti gli operatori sanitari impegnati nella lotta alla pandemia.
Detta tutela viene estesa anche ad eventuali contagi avvenuti nel tragitto casa-lavoro (cd. Infortunio in itinere), pur restando comunque saldo il principio generale di “un’origine professionale del contagio” stesso.
E’ interessante notare come l’Istituto con la citata Nota ha chiarito che “in linea con l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, l’Inail tutela tali affezioni morbose, inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, in questi casi, infatti, la causa virulenta è equiparata a quella violenta”; ancor più precisamente, con la stessa Nota, afferma che “si ritiene di ricondurre anche i casi di Covid-19 dei lavoratori dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale e, in generale, di qualsiasi altra Struttura sanitaria pubblica o privata assicurata con l’Istituto, ossia, medici infermieri e altri operatori sanitari in genere, laddove sia accertata l’origine professionale del contagio, avvenuto nell’ambiente di lavoro, oppure per causa determinata dallo svolgimento dell’attività lavorativa”; e che “ove l’episodio che ha determinato il contagio non sia percepito o non possa essere provato dal lavoratore, si può comunque presumere che lo stesso si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro indizio che in tal senso deponga”
Più problematico si profila il caso di quei lavoratori impiegati nell’erogazione dei sevizi essenziali quali commessi di supermercati, sportellisti delle Poste Italiane, dipendenti di banca, etc., che abbiano contratto l’infezione sul posto di lavoro, giacché in tali casi non è scontato che l’INAIL consideri l’infezione da Covid-19 come un infortunio sul lavoro; in tali casi sussiste, invero, la possibilità che tale malattia sia stata contratta a casa o in altri luoghi e che pertanto l’INAIL richieda al lavoratore di provare l’origine professionale dell’infortunio (ovvero dimostrare che la malattia è stata contratta sul posto di lavoro).
Sul punto è sempre consigliato denunciare l’infortunio all’INAIL, dal momento che, a parere di chi scrive, tutti quei lavoratori che contribuiscono “a non fermare” il Paese debbano beneficiare della tutela assicurativa fornita dall’Istituto e che il Legislatore dovrebbe presumere per legge che anche tali soggetti abbiano contratto la malattia sul posto di lavoro.
Seppur la straordinaria contagiosità del virus Covid-19 molto spesso preclude un accertamento sulla fonte di contagio, è prevista comunque, sotto il profilo sanzionatorio, una verifica sull’attuazione da parte dei datori di lavoro di tutte le misure prescritte al fine di prevenire il rischio di contagio e scongiurare, per di più, profili di responsabilità di natura civile e penale.
In conclusione, in relazione alla citata Nota e in attesa di qualche intervento del Legislatore, ad oggi rientrano nella categoria degli infortuni sul lavoro Inail, con la presunzione che tale contagio possa essersi verificato nell’ambito dell’attività lavorativa, solo i dipendenti sanitari [medici, infermieri e più in generale tutto il personale del Servizio Sanitario Nazionale (ad esempio anche i conducenti di ambulanze)] di strutture sanitarie pubbliche e private che contraggano il Covid-19.